Università e Formazione: chi ha paura dell’e-learning?
C’è chi teme che l’esplosione dell’e-learning metta definitivamente in crisi il sistema universitario italiano. Ma in realtà gli atenei dove gli studenti possono trovare opportunità ed interessi non solo per formarsi ma anche per vivere al meglio la vita universitaria e che puntano su didattica di qualità e ricerca, non hanno nulla da temere.
Se negli atenei le lezioni online sono state una scelta obbligata durante il lockdown, le imprese in molti casi hanno utilizzato questo periodo per la formazione: l’e-learning ha conquistato così anche le organizzazioni private. Sono nate tantissime società che si occupano di formazione on-line, molte valide ed altre meno. Succede sempre così quando un settore cresce velocemente ed in tanti fiutano la possibilità di business. In pratica l’ e-learning ha acquisito una gran notorietà ed importanza durante l’emergenza Coronavirus. Si è iniziato a svolgere da remoto tutte le attività: dallo smart-working alla didattica (sia essa scolastica e universitaria o quella aziendale e professionale, incentrata sulla formazione dei lavoratori).
L’e-learning è un sistema che attraverso l’uso di tecnologie multimediali e internet punta a migliorare la qualità dell’apprendimento. Questo attraverso un maggiore livello di accessibilità alle risorse, flessibilità di fruizione e personalizzazione dei corsi. Le piattaforme usano testo, audio, video e attraverso forum, chat e gruppi, gli studenti possono interagire tra di loro e con gli insegnanti. Ci sono molti sistemi innovativi per analizzare automaticamente il grado di preparazione dei discenti attraverso quiz e prove intermedie e per permettere loro di autovalutarsi prima degli esami.
Insomma una tecnologia che non può che essere una risorsa.
Eppure c’è chi la indica addirittura come un rischio per le università. In questo periodo di chiusura c’è stata infatti un’autentica esplosione di corsi e formazione on-line. Molte università straniere hanno lanciato le loro lezioni scala globale attraverso internet e anche le multinazionali dell’informatica si stanno organizzando in questa direzione. E qualcuno ci vede un rischio per gli atenei che non riuscirebbero a reggere il confronto.
Ma è una paura infondata. Una università che ha a disposizione laboratori, biblioteche aule e attrezzature, e che li usa e li fa usare agli studenti non ha nulla da temere. Se punta su formazione e ricerca e riesce ad offrire agli iscritti ottime occasioni di vivere una vita universitaria piena, con palestre, associazioni studentesche, attività culturali e ricreative non può certo temere la concorrenza di un corso on-line. Se riesce a interagire efficacemente con le imprese del territorio per formazione professionale e sperimentazione non si riesce a capire come dei mooc possano danneggiarla. Se fa sistema con gli altri atenei per didattica e ricerca, riusciranno certamente a competere anche su scala globale. Ma è ovvio che questi elementi appena elencati sono fondamentali. In questo caso anzi, i nuovi strumenti sono una risorsa anche per il mondo universitario, e i centri di eccellenza questo lo hanno già capito da tempo, e non si sono fatti trovare impreparati. Ma se l’università è un luogo dove gli studenti si recano solo per sostenere gli esami, dove le lezioni e i laboratori sono opzionali, ed è completamente scollegata dal tessuto culturale e imprenditoriale del territorio allora ovviamente l’e-learning difficilmente sarà una risorsa, ma la massiccia offerta di corsi on-line può diventare un problema. Semplicemente perché molti studenti tra una formazione universitaria scadente ed un corso su internet possono effettivamente preferire il secondo. Ma in questo caso, come si può facilmente capire, la colpa non è certo della digitalizzazione.
Giuseppe Salici