“Coppi maglia gialla”
Più di 72 anni fa l’occupazione della miniera di zolfo di Cabernardi (Sassoferrato)
“Coppi maglia gialla” è la scritta che compare su di un vagone proveniente dall’esterno della miniera di Cabernardi: è il segnale dell’inizio dell’occupazione. E’ il 28 maggio 1952: alle ore 22 214 operai che dovrebbero smontare si rifiutano di uscire dalle gallerie del 13° livello, a 500 metri di profondità. Inizia così l’epopea dei “sepolti vivi”, una delle più grandi lotte del proletariato italiano, lotta che però spacca, come spesso accade in quegli anni di guerra fredda, il sindacato: la Cgil è a fianco degli occupanti, la Cisl e la Uil si dissociano. Ma la gran parte dei residenti dei paesi maggiormente toccati dalle sorti della miniera (che occupava nel 1947, tra Cabernardi e Percozzone, ben 1.733 operai), il Pci, il Psi ed anche gli esponenti locali della Chiesa cattolica, sono a fianco dei “sepolti vivi”.
A ciò si arriva perché la Montecatini si sta da alcuni anni progressivamente disimpegnando nei confronti della miniera di Cabernardi ed è giunta addirittura a dichiarare di voler licenziare ben 860 operai. Il governo centrale, per ovvie ragioni, non contrasta la volontà di una delle più grandi aziende del Paese, anzi già pensa di dirottare i futuri disoccupati verso le miniere del Belgio. Ma i minatori non ci stanno, anche perché sono in tanti ad essere convinti che di zolfo a Cabernardi e Percozzone ancora ce ne sia. Il fatto è che la Montecatini non è più competitiva – questa è la versione dei capitalisti – sul mercato mondiale perché gli Stati Uniti, dove da decenni si estrae il minerale con il metodo Frash, di gran lunga più conveniente, sono ormai stabilmente primi nella produzione di zolfo.
La lotta ha successo, almeno temporaneamente. La Montecatini non va avanti con i licenziamenti ed accetta che una Commissione ministeriale venga ad esaminare il giacimento, per chiarire se sia esaurito o no. Quindi, il 5 luglio del 1952, al 39° giorno di occupazione, i minatori, i “sepolti vivi” la cui vicenda tutta la classe operaia d’Italia sta seguendo, escono dai pozzi. Ma la vittoria non si rivelerà decisiva: di lì a pochi anni la miniera e la raffineria di zolfo di Bellisio Solfare chiuderanno per sempre.