Musica ed ottimismo
intervista al grande Pier Paolo Polzonetti, musicologo fabrianese negli Usa
Pier Paolo, partiamo da quando tutto, cioè la tua esperienza statunitense, ebbe inizio. Come ci arrivasti in America?
Espatriai dopo l’università, dopo la laurea in lettere, indirizzo storico musicale, conseguita alla Sapienza di Roma. Dapprima andai in Slovenia per scrivere il mio primo libro, quello su Giuseppe Tartini, il violinista e compositore istriano a tutti noto per Il Trillo del Diavolo. Il libro mi diede la grande soddisfazione di vincere il Premio Internazionale Latina di Studi Musicali. Poi fui ammesso a frequentare il dottorato di ricerca presso la Cornell University di Ithaca, nello stato di New York. E da allora non me ne sono più andato dagli Stati Uniti.
Non pensasti mai di tornare, una volta terminato il dottorato, in Italia?
Inizialmente era quello il mio intento. Ma poi trovai negli States delle enormi possibilità per poter continuare le mie ricerche di musicologia e di storia della musica. Da noi, in Italia, invece, la ricerca è lentissima e soprattutto non c’è quel supporto di cui si usufruisce in America. E poi, dopo il dottorato, vinsi una cattedra alla University of North Carolina. Da quel momento ho sempre lavorato nelle Università nord-americane.
Il lavoro che ti diede la notorietà internazionale fu senza dubbio il libro Italian Opera in the Age of the American Revolution
Esatto. La pubblicazione avvenne dopo un lavoro colossale di ricerca, soprattutto in Italia. Ci volle molto tempo perché andai a scovare opere mai studiate, tutte di argomento americano. Nessuno aveva mai detto prima che l’America, nell’età della Rivoluzione, era stata rappresentata nell’Opera. In realtà le idee della Rivoluzione Americana vennero diffuse in Italia, ma anche in Inghilterra, in Austria, in Russia, dall’opera buffa. I capitoli del libro che fecero più scalpore furono quelli su Mozart: nessuno sospettava che anche lui avesse nutrito interesse per l’America. Invece dimostrai che Le nozze di Figaro erano senza dubbio ispirati dagli ideali della Rivoluzione. Il libro vinse il Lockwood Award.
Leggo dal tuo curriculum che ricevesti un altro importante riconoscimento.
Si tratta dell’Einstein Award che premia il miglior articolo di musicologia e storia della musica pubblicato nel corso di un anno. Mi fece particolarmente piacere anche perché fui il primo italiano a vincerlo: era il 2004. Fu un vero e proprio scoop: ebbi, infatti, la fortuna di scoprire lo scandalo realmente accaduto a Parigi che aveva ispirato la trama di Così fan tutte, la celebre opera di Mozart.
Suoni ancora?
Sì, ho continuato a suonare jazz in maniera amatoriale, in certi momenti anche ad alti livelli. Ecco un’altra ragione che mi ferma negli States: il contatto, la vicinanza, la frequentazione continuativa di musicisti, soprattutto afro-americani, di altissimi livelli.