Assemblea di istituto: incontro con Francesco Gnecchi e Alessandro Moscè
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Assemblea di istituto: incontro con Francesco Gnecchi e Alessandro Moscè

Feb 3, 2025

Perché lo sport è vita!!!

Lo sport, lo sappiamo, è da sempre molto più di una semplice attività fisica. Lo sport è mito, leggenda, ispirazione per tutti noi. Da Pelè a Maradona, da Mohamed Alì a Michael Jordan, la storia dello sport è costellata di figure che trascendono le loro discipline e diventano icone per intere generazioni di appassionati.

Con due ospiti d’eccezione, Alessandro Moscè, scrittore fabrianese, i cui libri sono tradotti in tutto il mondo e Francesco Gnecchi, giovane promessa del basket italiano, anch’egli fabrianese, all’assemblea d’istituto abbiamo analizzato il legame tra sport, letteratura e società.

Alessandro Moscè ci ha raccontato la sua toccante storia racchiusa nel romanzo Il talento della malattia (Avagliano, 2012). Un bambino malato di sarcoma di Ewing viveva una condizione difficile e i medici lo davano per spacciato. Ma ecco arrivare il suo eroe, il grande attaccante della Lazio Giorgio Chinaglia, che lo aiutò a guarire dandogli un fondamentale supporto psicologico.

Francesco Gnecchi, invece, ha parlato della sua storia di atleta che ha lasciato la città quando non era ancora maggiorenne per inseguire il sogno di diventare un cestista di professione. Esordio nel Pallacanestro College Basketball Borgomanero in serie C Gold piemontese. Nel 2016 Finali nazionali Under 18 . Poi arriva la chiamata dalla Virtus Siena serie B 2018/2019. Due anni con la Sintecnica Basket Cecina. Due anni con la Pallacanestro Goldengas Senigallia . Quindi le ultime 2 stagioni, trascorse nelle Marche, da protagonista alla Ristopro Janusbasket a Fabriano.

Intervista Alessandro Moscè

Moscè, lei nel suo libro, dice che ogni bambino ha il suo eroe: il suo è stato Giorgio Chinaglia. Spesso questi eroi diventano miti per intere generazioni. Cosa trasforma uno sportivo in un mito?

Il mito odierno è colui che un tempo veniva identificato nel gladiatore, cioè nel combattente che dava spettacolo nelle arene. Il ruolo, nella modernità, è stato sostituito dall’atleta di una qualunque disciplina. Il calciatore rientra in ciò che Jorge Luis Borges definiva il “basso epico”. Chi, da bambino, non vorrebbe diventare un grande attaccante della Juventus, dell’Inter, del Milan? Chi non si è mai identificato in un campione che fa vincere la sua squadra? La percezione è senz’altro infantile, ma muove il sogno, la sfida: pertanto risulta avvincente. Il mito genera attenzione, passione, evasione. Tutti noi abbiamo bisogno di questi aspetti vitali.

Alle persone e alla società servono eroi? Ed oggi, con le nuove tecnologie ed i social network, gli influencer sono i nuovi eroi?

Gli eroi e i miti, per i giovani, sono necessari solo se conservano un comportamento corretto, altruista, seppure possano risultare dei privilegiati. Chinaglia mi venne a trovare mentre stavo male e mi ospitò nel ritiro estivo della Lazio, dimostrando sensibilità e partecipazione emotiva per un ragazzino gravemente malato. Tifava per me, per la mia guarigione. Le nuove vie di comunicazione non generano miti e gli influencer, spesso, non hanno nulla di particolare da dire. L’eroe è colui che si spende per gli altri, come può. Esistono anche gli eroi della quotidianità, non dimentichiamolo. Basti penare ai medici nelle sale operatorie o ai volontari che danno una mano negli istituti di cura. Non sono i mezzi che fanno la differenza, ma gli individui. Tornando al calcio, mi piace ricordare che Cristiano Ronaldo fece una donazione di 6,88 milioni di euro, nel 2015, per aiutare il Nepal vittima di un terremoto. I genitori di un bambino affetto da displasia corticale e bisognoso di un intervento lo contattarono per chiedergli di organizzare una raccolta fondi in modo da pagare l’operazione. Ronaldo si rifiutò di dar vita alla raccolta donando l’intera cifra alla famiglia del bambino. Il mito, in questi due episodi, fu davvero un eroe generoso.

Intervista Francesco Gnecchi

Francesco, come ha influito lo sport, ed in particolare il basket, nella sua formazione personale?

Lo sport è vita! E’ vero che è una frase fatta, ma è proprio la verità assoluta. Non è solo una
questione di mantenersi in forma, lo sport è molto, tanto di più, per me in particolare è stata una
profonda ispirazione, un mio stile di vita che mi ha migliorato e insegnato a crescere e raggiungere
gli obbiettivi prefissati, a darmene di nuovi e scoprire la sana competitivita e nel mio caso specifico
con il basket a giocare di squadra.
Mi è capitato tantissime volte di fallire e di perdere partite importanti, ma negli anni ho imparato
anche a non moliare mai. La pallacanestro è la mia vita e mi ha pian piano costruito la personalita e
forgiato il carattere.

Quali sono le sfide più complicate che ha dovuto affrontare durante la sua carriera sportiva?

Per quanto riguarda le sfide più complicate e importanti diciamo che sono state diverse. In primis
lasciare la mia confort-zone, andare via di casa, lasciare soprattutto la mia famiglia, i miei amici, i
miei compagni di classe, i professori e la mia città a soli 15 anni non è stato per niente facile. Ma
volevo inseguire il mio sogno, cioè diventare un giocatore di pallacanestro.
Tutto ciò ha comportato un radicale cambiamento, vivere in un College di Basket con altri ragazzi
della mia stessa età, confrontarmi con loro, cambiare scuola e quindi compagni, insomma era tutto
diverso e tutto nuovo. Tra alti e bassi ce I’ho fatta e sono cresciuto come persona e come giocatore.

Quali sono stati i suoi miti nello sport? Le loro figure l’hanno aiutata nei momenti difficili?

Il mio mito più importante nello sport, ma anche nella vita, è sempre stato mio papà: è riuscito a
fare cose importanti nel basket come vincere vari Campionati di serie A2 e B e militare per molti
anni nella massima serie di basket. E’ sempre stato molto presente nella mia crescita da giocatore
aiutandomi nei momenti difficili e dandomi consigli e spunti fondamentali per il mio tipo di gioco.
Impossibile comunque non citare poi persone del calibro di Michael Jordan o Kobe Bryant (di cui ho
scelto e gioco con il #8) il Suo numero di canottiera e in Suo onore. Idoli e Campioni da cui prendere
esempio e ispirazione.

Nicola Alessandrini