Fabio Marcelli, un’eccellenza Made in Vivarelli
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Fabio Marcelli, un’eccellenza Made in Vivarelli

Mar 12, 2025

Il prof Fabio Marcelli è una delle eccellenze fabrianesi. E’ un conosciutissimo e stimatissimo storico dell’arte di livello internazionale ed insegna all’Università degli Studi di Perugia, dove svolge anche la funzione di vice-Direttore del FiSSUF, cioè del Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione. Siamo orgogliosi di poter affermare che Fabio ha frequentato la nostra scuola, l’ITAS “G.Vivarelli” di Fabriano.

Fabio, partiamo da quando eri, come noi oggi, studente dell’ITAS “G.Vivarelli”. Che ricordi hai della nostra scuola? E come mai hai cambiato così radicalmente il percorso?

La domanda me la fanno in tanti: ma perché hai frequentato l’Istituto Tecnico Agrario e dopo hai intrapreso un percorso storico-artistico? Io rispondo sempre che rifarei la stessa strada. Lo rifarei perché proprio la complessità dell’Istituto Agrario, proprio tutte anche le difficoltà personali che ho affrontato per arrivare al diploma, mi hanno poi permesso all’università di essere molto autonomo, in qualche modo di avere un metodo di lavoro molto molto solido, che poi è possibile applicare in tanti contesti. E – questo lo devo dire – il merito è dei miei insegnanti, di tutto il lavoro faticosissimo che mi hanno fatto fare all’Istituto Tecnico Agrario. Devo dire anche che c’è un altro aspetto di vita molto significativo che mi lega a questa scuola. Quando nei primi anni all’università, ben sapendo che non venivo da studi umanistici e quindi potevo anche in qualche modo rischiare di non avere il fiato, di non avere la forza per portare avanti la carriera di storico dell’arte che sognavo, da una parte c’era la certezza in me di avere una professione, di avere un diploma. Ricordo ancora che una settimana dopo il diploma all’Istituto Agrario (avevo fatto un bellissimo esame di maturità, ero uscito come secondo di tutto l’Istituto) ricevetti una telefonata da una parte di un’importante cantina vinicola che mi invitava ad andare a lavorare con loro perché avevano bisogno di una figura d’assistente in cantina e rifiutai proprio perché appunto volevo iscrivermi a Perugia, all’università. Però questa consapevolezza che avevo comunque un piano B, la possibilità di mettere a frutto le competenze, le importanti competenze che l’agraria mi aveva dato, mi spinse anche per certi versi a bruciare le tappe, a mettermi subito alla prova, quindi a tentare di pubblicare, di fare studi storico-artistici anche se non ero laureato, insomma ad essere in qualche modo precoce nella carriera e questo, anche se indirettamente, quindi lo devo all’agraria.

E’ vero che collaborasti col grande critico d’arte Federico Zeri? Come lo conoscesti e come fu il vostro rapporto?

Ho conosciuto Federico Zeri scrivendogli una lettera. Allora, appunto, si scrivevano ancora le lettere e quindi, di conseguenza, gli scrissi per presentargli le mie ricerche, alcune idee che appunto avevo sul Maestro di Campodonico. All’università avevo letto gli studi di Federico Zeri, mi ero formato anche su tanti suoi importantissimi libri. E fu una bellissima gioia ricevere la risposta da Federico Zeri, una lettera che ancora conservo, nella quale insomma mi invitò a raggiungerlo nella sua villa studio a Mentana per parlare di queste mie idee. E da lì nacque il rapporto. Ecco…Zeri divenne un mio punto di riferimento, anche per un aspetto non solo scientifico, culturale e di metodo, per un approccio alla storia dell’arte molto sereno, per certi versi molto disincantato, per dare il giusto rapporto, prendere la giusta presa di distanza tra quello che è la studio, la formazione e diciamo una certa giocosità e serenità.

Federico Zeri è stato un grande storico dell’arte che ha lavorato tantissimo sulla storia dell’arte fabrianese. Una settimana prima di morire, il 27 settembre 1998, nel primo anniversario dal sisma, venne proprio a Fabriano e fu il penultimo viaggio della sua vita. Partecipò alla manifestazione, appunto, per fare un punto sul bilancio di un anno, sulle politiche di ricostruzione dei beni culturali di un anno dal terremoto. L’evento si tenne al Museo della Carta a San Domenico e quindi, diciamo, sono tutti ricordi, momenti importanti sicuramente per la città di Fabriano e per me personalmente che si legano, come voi avete ben scritto, alla figura del Maestro di Campodonico.

Anche se vivi a Perugia da tanti anni, com’è il rapporto con Fabriano, tua città natale?

Sono chiaramente legato da grande affetto e da grande amore per Fabriano e sono legatissimo all’Istituto Tecnico Agrario. Ho tantissimi amici a Fabriano, mia madre, e quindi quando posso insomma cerco anche ad essere di collaborare con gli amici. Nel mese di marzo realizzerò due conferenze per il Museo di Cesano, faccio parte della commissione d’arte sacra della diocesi Fabriano Matelica e contestualmente collaboro costantemente con la Fondazione Carifac, ottimi contatti con il Comune, quindi quando posso cerco sempre di mantenere i contatti con la città perché chiaramente sono orgoglioso di essere fabrianese.

Hai mai pensato di fare l’insegnante nella scuola secondaria o ti sei subito focalizzato sull’Università?

Ho un grande rispetto per l’attività di insegnante, soprattutto nella scuola dell’obbligo e senza ombra di dubbio insegnare all’infanzia, primaria, medie o superiori è paradossalmente molto più impegnativo che non affrontare un insegnamento universitario perché sono percorsi di formazione estremamente delicati e quindi c’è anche un grande impegno didattico, formativo. Si tratta comunque di una delle professioni più belle che si possono fare perché si lavora camminando accanto alle famiglie accompagnando la crescita della persona sia personale che culturale, insomma, e quindi ho una grandissima stima per i colleghi insegnanti.

Cosa si prova ad insegnare all’Università?

La mia formazione e la mia carriera didattica sono legate all’Università di Perugia dove ho avuto maestri come Corrado Fratini, che fin dal secondo anno d’università, mi ha detto opportunità di scrivere su altri pittori e quindi via via mettermi anche un po’ alla prova. Altri maestri che amo ricordare sono Francesco Federico Mancini; Bruno Toscano, altro grande insigne storico dell’arte che nel 1997 venne a Fabriano a presentare il catalogo della Pinacoteca; Mulo Mola Ioli e anche quella fu una grande emozione perché di fatto tre anni prima mi venne data la possibilità di curare il catalogo della Pinacoteca. Anche lì, con mia grande sorpresa, ricordo ancora quando l’allora assessore Roberto Sorci mi offrì questa opportunità e io rimasi ugualmente un po’ stupito e gli chiesi: ma perché a me che ancora non sono nemmeno laureato? Forse erano altri tempi, ma, ritornando anche alla domanda che mi hai fatto prima, sono tutte congiunture ottime. Altre figure che hanno segnato il mio percorso, da cui ho imparato molto: Andrea De Marchi, che ha lavorato tantissimo sull’arte fabrinese, a cominciare dalla sua importantissima monografia su Gentile da Fabriano, con il quale ho lavorato nella mostra su Gentile da Fabriano nel 2006 e ancora prima nella grande mostra sull’arte del ‘400 a Camerino. E proprio su Camerino ho sviluppato la mia tesi di dottorato. Devo dire che ogni incontro in questo percorso ormai trentennale è sempre un grande arricchimento, potersi confrontare con colleghi italiani ed esteri .

Dal tuo curriculum leggiamo che sei autore di 150 pubblicazioni, oltre ad essere ed essere stato curatore di tantissime mostre, membro di tanti commissioni, etc…Come fai a conciliare tutto questo col tuo lavoro di prof universitario e con l’incarico di vice-direttore del Dipartimento dove insegni?

Adesso da tre anni vivo la posizione un po’ particolare di coordinatore nella mia università del corso di laurea che forma gli insegnanti di infanzia e primaria e quindi vivo ancora con più attenzione e ogni tanto incontro anche qualche studente fabrianese, insomma, di cui spesso magari conosco anche genitori, di cui abbia questo percorso. Proprio qualche giorno fa ho aiutato l’Associazione degli Insegnanti di Storia dell’Arte a realizzare la tappa Umbra-Perugina delle Olimpiadi della Storia dell’Arte che hanno coinvolto, appunto, alcune classi delle superiori Come coordinatore del corso di laurea, ho la responsabilità della formazione di circa mille studenti e della gestione di circa 40 professori. Effettivamente il FiSSUF del quale sono vice direttore è, tra l’altro, la più grande comunità studentesca dell’università di Perugia. Circa il 30 per cento di tutti gli iscritti dell’Ateneo di Perugia è iscritto nel nostro dipartimento, proprio perché in questo momento c’è molto interesse per l’offerta formativa del nostro dipartimento nelle aree dell’educazione, della formazione, della filosofia, della pedagogia. Effettivamente, da dopo la crisi pandemica stiamo vivendo un boom che ci sta impegnando tantissimo, senza ombra di dubbio. Da quando questi incarichi, scrivo di meno. Cerco chiaramente di ricavarmi la possibilità, di solito nei weekend o d’estate, quando gli altri magari vanno in vacanza, io scrivo. Ci sono momenti in cui gli impegni e la responsabilità sono meno pressanti, ma diciamo ci sono anche fasi della vita in cui ho avuto un passato la possibilità di scrivere molto. Adesso ho questi impegni di servizio, ma poiché nelle amministrazioni, nelle strutture, di fatto nessuno deve essere indispensabile, perché le strutture, le amministrazioni devono avere persone ugualmente valide, quindi magari non è detto che superata un po’ tra qualche tempo non possa lasciare questi incarichi con un naturale turnover e possa ritornare ad avere più tempo per quello che sicuramente è molto più piacevole, che è appunto la ricerca e la scrittura.

Per concludere, Fabio, cosa diresti agli studenti del “Vivarelli” di oggi?

Innanzitutto complimenti perché il giornale e in generale la scrittura è una grande palestra di crescita e quindi vi ringrazio tantissimo per questa intervista. Sicuramente l’augurio che posso fare a tutti i lettori, appunto a tutti gli studenti/lettori, è di portare appunto con orgoglio la vostra appartenenza all’istituto tecnico. Orgoglio per la vostra appartenenza all’Istituto Tecnico Agrario, glorioso, ne conosciamo tutti la storia. Sono intervenuto alla festa nel 2022 per celebrarne appunto il centenario. Quindi portate avanti nella vostra vita, nei vostri percorsi professionali questa opportunità, questo privilegio di aver ricevuto una formazione e aver dato il vostro contributo alla vita di questa gloriosa scuola a cui tutti appunto apparteniamo con consenso di gratitudine. Grazie a tutti voi.