
ANIDRIDE SOLFOROSA AD USO ENOLOGICO: PROPRIETA’ E ALTERNATIVE
L’anidride solforosa, come additivo alimentare, è argomento di discussione nel mondo del vino, per motivi legati alla salute del consumatore e al modo di utilizzarla. Occorre fare chiarezza su pro e contro, nonché sulle eventuali alternative.
La crescente domanda di vini naturali e biologici ha spinto molti produttori a cercare alternative all’anidride solforosa (SO2), per ridurne o eliminarne l’uso, in risposta alle preoccupazioni dei consumatori per la loro salute e alle tendenze di mercato. Tuttavia, l’uso di SO2 è essenziale per garantire la stabilità, la sicurezza e la qualità del vino, grazie alle sue proprietà antiossidanti e antimicrobiche. Nonostante ciò, il suo impiego può influire negativamente sul gusto e sull’aroma del vino.
L’anidride solforosa nel vino si presenta in due forme: libera e combinata: solo una piccola quota di quella libera risulta attiva nello svolgere le funzioni per cui si utilizza nel vino. La forma libera svolge un’azione protettiva, mentre la combinata si lega a zuccheri, aldeidi o polifenoli, riducendo l’efficacia antimicrobica. La quantità di SO2 libera dipende dal pH del vino: più acido è il pH, maggiore la forma attiva. Essa viene utilizzata in diverse fasi della vinificazione, come prevenzione dell’ossidazione, protezione durante la fermentazione e stabilizzazione prima dell’imbottigliamento.
Nonostante i vantaggi di questo additivo, alcuni produttori stanno cercando metodi alternativi, come l’uso di lieviti che producono poca anidride solforosa, acido p-cumarico, uso del glutatione, chitosano o trattamenti ad alta pressione. Tali tecniche mirano a ridurre la dipendenza dalla solforosa mantenendo la qualità del vino. I vini “senza solfiti aggiunti” sono più vulnerabili a problemi di conservazione e hanno una durata più breve, ma l’etichetta è consentita solo se la concentrazione di SO2 al momento dell’imbottigliamento non supera i 10 mg/L.
In generale, ridurre l’uso di SO2 offre vantaggi in termini di salute e sostenibilità, ma comporta sfide legate alla stabilità del vino, che richiedono innovazioni tecnologiche per mantenere la qualità del prodotto.
Alcune considerazioni sui recenti studi che esplorano alternative per ridurre o sostituire l’uso di SO2 nella produzione del vino:
- Alta pressione idrostatica: Potrebbe ridurre le quantità di SO2 necessarie, combinando l’effetto antimicrobico dell’alta pressione con l’azione antiossidante;
- Glutatione (GSH): L’aggiunta di glutatione in seguito a trattamento ad alta pressione migliora gli aromi del vino, conferendo note più mature, come il cioccolato.
- Acido p-cumarico: Sostituisce la SO2 senza compromettere la stabilità e migliorando leggermente il profilo sensoriale, rendendo il vino più naturale e sostenibile.
- Chitosano: Utilizzato all’inizio della fermentazione, aumenta la qualità del vino senza effetti negativi sulla composizione o sui composti indesiderati.
Queste tecniche offrono soluzioni per ridurre l’uso di SO2 mantenendo o migliorando la qualità del vino e sono in via di sperimentazione; al momento l’anidride solforosa è ancora considerata un additivo insostituibile nel mondo dell’enologia
Tratto dall’articolo di Francesca Sicher pubblicato sulla rivista VVQ-01/25
Garofoli Alessandro e Gambini Gioele classe 5A Viticoltura ed enologia.
