Biologico e qualità: l’Azienda Agraria dell’Istituto Tecnico Agrario Vivarelli, un patrimonio di biodiversità e conoscenza.
L’Istituto Tecnico Agrario Giuseppe Vivarelli, fondato alla fine del XIX secolo, rappresenta un punto di riferimento storico per la formazione agraria a Fabriano. La sua Azienda Agraria, con un’ampia varietà di colture e allevamenti, è un prezioso laboratorio didattico e produttivo. L’Azienda Agraria dell’Istituto Vivarelli è un vero e proprio scrigno di biodiversità locale. L’Azienda si impegna a valorizzare le risorse del territorio, a partire dalle antiche razze animali e varietà vegetali.
Un’oasi di biodiversità
Tra le attività principali troviamo:
- Allevamento di razze autoctone: Pecore della razza fabrianese e bovini di razza
marchigiana vengono allevati con metodi tradizionali, contribuendo alla salvaguardia di
un patrimonio genetico unico. - Coltivazione di cereali antichi: Grano tenero, grano duro e farro, coltivati nei terreni
dell’azienda, vengono macinati in un antico mulino a pietra per ottenere farine e paste di
altissima qualità, ricche di sapore e nutrienti. - Vitigni e meleti autoctoni: L’azienda possiede vigneti e meleti dove vengono coltivate
varietà locali, dando vita a vini e frutti dal gusto inconfondibile. - Altri ambienti: La cantina, la serra, la tartufaia, il bosco ceduo e la stazione
agrometeorologica completano il quadro, offrendo un ambiente ideale per lo studio e la
sperimentazione.
Formazione e valorizzazione del territorio
Grazie a questa ricca dotazione, l’Azienda svolge un ruolo fondamentale nella formazione degli
studenti, offrendo loro l’opportunità di apprendere in modo pratico le tecniche agricole
tradizionali e di sperimentare nuove soluzioni per un’agricoltura sostenibile.
Inoltre, l’Azienda contribuisce attivamente alla valorizzazione dei prodotti tipici locali,
promuovendo la filiera corta e sostenendo l’economia del territorio.
Il museo dello Spumante: formando il futuro, preservando il passato.
Allestito in Via Gioberti 11 a Fabriano, in bellissimi locali storici, con sale espositive, utilizzate
anche per convegni e spazi degustazione, testimonia l’antica tradizione vitivinicola locale e
ospita una collezione unica di reperti e attrezzature agricole. La produzione di spumante
secondo il metodo Scacchi (tipologia di spumante registrato con il suo nome che ha come sua
caratteristica l’utilizzo del mosto per la presa di spuma), un’eccellenza enologica locale, è un
fiore all’occhiello dell’azienda.
Lo spazio museale si arricchisce della presenza della collezione di reperti e attrezzature
agricole della Regia Scuola Pratica di Agricoltura fondata a Fabriano nel 1882 che oggi è
diventato l’Istituto Tecnico Agrario Vivarelli, situato nel colle dei Cappuccini della Città.
Nei locali del museo inoltre è possibile acquistare i prodotti dell’azienda didattica dell’Istituto
agrario Vivarelli (Spumante, Farina, Pasta ecc) e sono spesso organizzati convegni a tema,
degustazione e serate di approfondimento culturale.
Quindi possiamo ovviamente concludere che l’azienda agraria dell’Istituto Vivarelli rappresenta
un modello di eccellenza per la valorizzazione del patrimonio agroalimentare locale. Attraverso
le sue attività di formazione, ricerca e produzione, l’azienda contribuisce allo sviluppo di
un’agricoltura sostenibile e di qualità, legata alle tradizioni e aperta al futuro. Grazie all’impegno
del Prof. Francesco Sbaffi, l’istituto, enologo e coordinatore dell’azienda agraria su delega del
Dirigente, è oggi un’eccellenza nell’agricoltura biologica, coniugando tradizione e innovazione.
Parliamo proprio con il Prof. Francesco Sbaffi riguardo questa scelta di puntare sul biologico e la
qualità e cerchiamo di approfondire sulle attività dell’azienda.
Prof. Sbaffi, Perché l’Istituto Vivarelli ha deciso di puntare sulla produzione agricola biologica?
Quali sono stati i principali motivi?
Ritengo che il biologico sia una strategia obbligata per l’agricoltura di oggi. Ci sono obiettivi
europei nell’agenda 2030 per i quali l’UE ha stabilito che, entro il 2030, il 25% della SAU comunitaria
dovrà essere convertito all’agricoltura biologica, L’Italia è uno dei paesi europei in cui maggiormente si è applicata questa tecnica agronomica e la Regione Marche ha già raggiunto oltre il 30 % della SAU a
biologico.
Siete soddisfatti dei risultati di questa scelta e quali sono state le principali difficoltà incontrate?
Fare agricoltura biologica non è semplice perchè non si può tradurre direttamente in una
riduzione dei prodotti chimici o l’uso di tecniche alternative. Occorre rivisitare ogni protocollo
agronomico e soprattutto rivolgersi a stretegie di produzioni specifiche. Mi spiego meglio con un
esempio: nel nostro ambiente di coltivazione rivolgersi a varietà locali di mele anzichè cultivar
internazionali classiche diventa un passaggio obbligato se vogliamo ottenere una produzione
soddisfacente, così vale per tante altre coltivazioni. Dunque per un passaggio reale
all’agricoltiura biologica abbiamo avviato negli ultimi anni una serie di cambiamenti: rinnovato il
meleto abbandonando le varietà come la Golden Delicius o Red Delicius in favore di varietà
locali, rivolto la scelta delle sementi a varietà di grano adatte, scelta dei vitigni ecc. Inoltre
abbiamo rinnovato il parco macchine con acqusito di coltivatori per gestire le erbe infestanti in
modo meccanico e non chimico, atomizzatore per i trattamenti efficiente e compiuterizzata ecc.
Quindi una serie di investimenti mirata a cui si aggiunge una riorganizzazione degli impegni
burocratici legati alla certificazione BIO. In questo ultimo passaggio sicuramente il lavoro per il
sottoscritto si è aggravato. Il sistema di certificazione ancora presenta punti critici di rigidità che
non sempre sono compatibili con gli obiettivi di una vera agricoltura biologica.
Un vino è detto biologico quando proviene da uve 100% biologiche coltivate senza l’utilizzo di
agenti chimici di sintesi in vigna e la cui vinificazione in cantina è avvenuta grazie all’utilizzo di
prodotti enologici certificati biologici e un quantitativo limitato di solfiti.
Ci sono delle tecniche di vinificazione specifiche per i vini biologici? In che modo si differenziano da quelle tradizionali?
Il passaggio al biologico certificato prevede un periodo di conversione di tre anni in cui si
applicano tutti i disciplinari del bio ma non si può vantare ancora la certificazione con il logo in
etichetta. Il vigneto viene gestito con i soli tratamenti di rame e zolfo senza uso di prodotti
chimici di sintesi e il vino deve essere ottenuto con l’uso di soli additivi ammessi che
appartengono ad una lista esplicita. Nel nostro caso applichiamo questi protocolli orami da tre
anni anche se non abbiamo completato alla vendemmia 2024 il periodo di conversione. Il vino è
un prodotto naturale dell’uva per cui con le tecnologie e dotazioni di cantina che abbiamo
possiamo ottenere vini e basi spumanti rispettose dei disciplinari biologici direi con risultati
assolutamente soddisfacenti e che non limitano il nostro obiettivo enologico.
Ci sono differenze organolettiche di un vino biologico rispetto a uno tradizionale?
Gli obiettivi enologici sono sotto il nostro controllo per cui un bravo enologo non produce un vino
bio qualitativamente inferiore allo stesso se fosse convenzionale. Si tratta di lavorare in modo
attento nei diversi passaggi avendo chiare le strategie. In ogni caso punti di forza sono le
dotazioni tecnologiche in cantina come l’uso del freddo, il controllo della materia prima con uve
di propria produzione, tempi e strutture di lavorazione. Aggiungo anche le dimensioni aziendali
in quanto esistono sicuramente diseconomie di scala degli impanti per il controllo dei processi
biologici.
Come si comporta un vino biologico durante l’invecchiamento? Ci sono differenze rispetto a un
vino tradizionale?
Il vino è la più igienica delle bevande, come scrive Pasteur già nel 1863, per cui ha una sua
conservabilità innata e connessa alla presenza di alcol al suo interno. L’invecchiamento del vino sia esso tradizionale o bio è legata alla sue caratteristiche e al processo enologico con cui è
ottenuto: un vino rosso invecchia più a lungo di un vino bianco, uno spumante bio può
invecchiare anni mantenendo il massimo delle qualità. A questo proposito voglio accennare alla
novità proposta dal legislatore del “vino senza alcol“: un ossimoro che viene proposto con un
messaggio salutistico ma che ignora la naturalità del vino e si allontana dunque
necessariamente dalla produzione biologica. La soluzione del problema dell’alcol e
dell’alcolismo non passa attraverso una semplice sottrazione ma rimane necessario insistere
sulla consapevolezza sempre più forte del bere bene e consapevole e questo è particolarmente
importante soprattutto per voi che vi affacciate alla vita con l’energia della vostra età!
Concludiamo con l’Azienda. Sappiamo che avete partecipato a progetti ambiziosi come il
progetto “Lo Spumante Metodo Scacchi”.
Quali sono i progetti futuri?
Nel 2024 nell’ambito di Vinitaly, la più prestigiosa fiera del vino a livello internazionale, abbiamo
ricevuto il premio speciale innovazione allo Spumante Vivarelli brut Metodo Scacchi, una
esperienza davvero esaltante e un bel riconoscimento a tutta la nostra scuola perchè i risultati
sono sempre il frutto di un lavoro corale e un sistema connesso. Oggi siamo impegnati a
sviluppare il nostro museo che deve rappresentare un luogo culturale vivo, una opportunità per
l’accoglienza enoturistica oltre che una bella vetrina per l’azienda e la scuola. Per il settore
zootecnico stiamo lavorando allo sviluppo della razza di pecore fabrianesi (che merita un
approfondimento in un futuro articolo..), apicoltura, offerta formativa con l’attivazione di corsi
pratici ecc. Su tutto la nostra massima attenzione rimane sempre rivolta ai fruitori finali di ogni
attività che svolgiamo che siete voi studenti.